Come noto, a
norma dell’art. 8 del D.Lgs. n. 252/2005, il finanziamento delle forme
pensionistiche complementari può essere attuato attraverso il versamento di
contributi a carico del lavoratore, del datore di lavoro e attraverso il
conferimento del Tfr maturando.
Dal 1 gennaio
2007 è prevista la possibilità di contribuire ai fondi pensione conferendo
unicamente il Tfr maturando a partire da tale data: si può considerare
senz’altro un’opportunità per chi è ancora lontano dal traguardo della
pensione, in quanto si tratta di un percorso di avvicinamento ad un trattamento
prossimo all’ultimo stipendio percepito, dato che la pensione Inps, a seguito
dell’adozione del sistema contributivo o misto, conferirà una copertura
inferiore rispetto a quella di cui potranno beneficiare i lavoratori più
anziani che rientrano nell’alveo di applicazione del sistema retributivo.
La scelta operata
a favore di un determinato fondo non è totalmente irreversibile in quanto la
legge garantisce l’applicabilità di alcuni meccanismi che permettono un certo
grado di flessibilità nella gestione del rapporto tra lavoratore aderente e
fondo di previdenza complementare.
Innanzitutto, è
possibile usufruire della cosiddetta “portabilità”, sancita dall’art. 14 c. 6
del D.Lgs. n. 252/2005, la quale comporta la facoltà di trasferire la posizione
individuale da un fondo all’altro decorsi due anni di partecipazione ad una
forma pensionistica complementare, nonché in deroga a tale limite temporale se
il lavoratore cambia settore di attività.
In entrambi i
casi il trasferimento dovrà avvenire entro sei mesi dalla richiesta e non potrà
comportare oneri a carico del lavoratore, le quali costituirebbero delle
clausole limitative alla portabilità dell’intera posizione individuale.
Il sopracitato
articolo, inoltre, fissa il principio base secondo il quale gli statuti e i
regolamenti delle forme pensionistiche complementari stabiliscono le modalità
di esercizio relative alla partecipazione alle forme medesime e alla
portabilità delle posizioni individuali, nonché al riscatto parziale o totale
delle posizioni individuali, ferme restando le casistiche previste dalla legge.
In particolare,
l’art. 14 c. 2 e 3 del D.Lgs. n. 252/2005 prescrive che ove vengano meno i
requisiti di partecipazione alla forma pensionistica complementare gli statuti
e i regolamenti stabiliscono:
-
il trasferimento ad altra forma
pensionistica complementare alla quale il lavoratore acceda in relazione alla
nuova attività;
-
il riscatto parziale, nella misura del
50 per cento della posizione individuale maturata, nei casi di cessazione
dell'attività lavorativa che comporti l'inoccupazione per un periodo di tempo compreso
tra 12 e 48 mesi, ovvero in caso di ricorso da parte del datore di lavoro a
procedure di mobilità, cassa integrazione guadagni ordinaria o straordinaria;
-
il riscatto totale della posizione
individuale maturata per i casi di invalidità permanente che comporti la
riduzione della capacità di lavoro a meno di un terzo e a seguito di cessazione
dell'attività lavorativa che comporti l'inoccupazione per un periodo di tempo
superiore a 48 mesi. Tale facoltà non può essere esercitata nel quinquennio
precedente la maturazione dei requisiti di accesso alle prestazioni
pensionistiche complementari; in questi casi si applicano le previsioni di cui
al comma 4 dell'articolo 11;
-
in caso di morte dell'aderente
l'intera posizione individuale maturata è riscattata dagli eredi ovvero dai
diversi beneficiari dallo stesso designati.
L’art. 8 c. 7 del
D.Lgs. 252/2005 fisserebbe il principio di irrevocabilità della destinazione
del Tfr alla previdenza complementare, in quanto non sarebbe più possibile
revocare tale scelta né in costanza di rapporto né in futuro in caso di cambio
di attività lavorativa: si tratta di un principio da cui traspare la volontà di
introdurre degli automatismi volti a spingere sulla diffusione della previdenza
complementare.
Tuttavia, il
principio di irrevocabilità della scelta, se apparentemente non ammette
eccezioni, in pratica può essere violato attraverso un meccanismo che snatura
la qualificazione previdenziale degli accantonamenti operati e passa attraverso
gli statuti e i regolamenti dei fondi, all’interno dei quali gli stessi
risultano liberi di stabilire cause di riscatto aggiuntive rispetto a quelle
tipizzate dalla legge.
Ad oggi, infatti,
come confermato nella deliberazione della Covip del 21 marzo 2007, in quasi
tutti i regolamenti dei fondi sono annoverate tra le cause di riscatto totale
il licenziamento e/o le dimissioni; in questo modo il Tfr non viene a perdere
la sua natura di retribuzione differita, potendovi accedere per le stesse
motivazioni per le quali, normalmente, se ne dispone quando il Tfr rimane in
azienda con il vantaggio di una regime fiscale estremamente conveniente.
Concludendo,
quindi, il principio di irrevocabilità della scelta subisce un’eccezione
proprio in ordine al riscatto della posizione previdenziale individuale ai
sensi dell’art. 14 del D.Lgs. n. 252/2005 poiché, da questo momento, incomincia
nuovamente a decorrere il periodo transitorio di sei mesi entro i quali il
lavoratore potrà operare la scelta sulla destinazione del Tfr derivante dal
nuovo rapporto di lavoro.