sabato 19 aprile 2014

INDENNITÀ CHILOMETRICHE NELLE ATTIVITÀ SPORTIVE DILETTANTISTICHE


Si osserva che, a differenza degli sportivi professionisti le cui prestazioni costituiscono oggetto di un contratto di lavoro dipendente o di lavoro autonomo, non esiste una compiuta disciplina civilistica relativa all’attività degli sportivi dilettanti.

Il legislatore fiscale ha ricompreso le somme percepite per l’esercizio diretto dell’attività sportiva dilettantistica nella categoria dei “redditi diversi”.

In particolare, l’articolo 67, comma 1, lettera m), del TUIR, qualifica redditi diversi, “le indennità di trasferta, i rimborsi forfetari di spesa, i premi e i compensi erogati … nell’esercizio diretto di attività sportive dilettantistiche dal CONI, dalle Federazioni sportive nazionali, dall’Unione Nazionale per l’Incremento delle Razze Equine (UNIRE), dagli enti di promozione sportiva e da qualunque organismo, comunque denominato, che persegua finalità sportive dilettantistiche e che da essi sia riconosciuto. Tale disposizione si applica anche ai rapporti di collaborazione coordinata e continuativa di carattere amministrativo-gestionale di natura non professionale resi in favore di società e associazioni sportive dilettantistiche;”.

 

Per la determinazione del reddito imponibile, il successivo articolo 69, comma 2, del TUIR prevede un regime di favore, statuendo che “Le indennità, i rimborsi forfetari, i premi e i compensi di cui all’articolo 67, comma 1, lettera m), non concorrono a formare il reddito per un importo non superiore complessivamente nel periodo d’imposta a 7.500 euro. Non concorrono, altresì, a formare il reddito i rimborsi di spese documentate relative al vitto, all’alloggio, al viaggio e al trasporto sostenute in occasione di prestazioni effettuate fuori dal territorio comunale.”.

Le indennità chilometriche possono considerarsi quali rimborsi delle spese di viaggio sostenute dal soggetto interessato per raggiungere il luogo di esercizio dell’attività mediante un proprio mezzo di trasporto e le stesse non concorrono a formare il reddito se le spese sono documentate e sostenute in occasioni di prestazioni effettuate fuori dal territorio comunale.

 

Diversamente, se le prestazioni sono effettuate all’interno del territorio comunale o, comunque, se le spese non sono documentate, le indennità chilometriche non concorrono alla formazione del reddito fino alla franchigia di euro 7.500, da calcolare considerando anche le indennità, i rimborsi forfetari, i premi e i compensi percepiti.

Le indennità chilometriche, per rientrare tra le spese documentate, non possono essere forfetarie, ma devono essere necessariamente quantificate in base al tipo di veicolo e alla distanza percorsa, tenendo conto degli importi contenuti nelle tabelle elaborate dall’ACI.

Per quanto concerne le condizioni per considerare la prestazione effettuata fuori del territorio comunale, si ritiene possa essere confermato l’orientamento assunto dal Ministero delle finanze secondo il quale il territorio comunale di riferimento è quello ove risiede o ha la dimora abituale il soggetto interessato che percepisce l’indennità chilometrica.

 

Al riguardo, il Ministero delle finanze con la circolare n. 27 del 1986, ha ritenuto che la nozione di trasferta contenesse un implicito riferimento al comune di residenza ed ebbe a precisare che le spese di vitto, di alloggio e di viaggio documentate e la indennità chilometrica vanno considerate ai fini della non imponibilità se connesse ad una trasferta fuori del comune di residenza del percipiente.

La predetta circolare n. 27 del 1986 è stata richiamata nella risoluzione 4 maggio 1996, n. 65, avente ad oggetto il medesimo argomento, e soprattutto, è stata confermata, unitamente a quest’ultima risoluzione, dalla circolare n. 326 del 1997, con la quale sono stati forniti chiarimenti in materia di redditi di lavoro dipendente e assimilati.

Si ritiene che l’attuale formulazione dell’art. 69, comma 2, del TUIR, in considerazione della non configurabilità di un rapporto di lavoro nell’attività sportiva dilettantistica e del favore con cui era stato disciplinato il relativo trattamento tributario nell’ambito dei redditi diversi, confermi il predetto orientamento, diretto a considerare non imponibili i rimborsi di spese documentate, comprese le indennità chilometriche, limitatamente a quelle sostenute in occasione di prestazioni effettuate fuori dal territorio comunale di residenza o dimora abituale del percipiente. Non assume, invece, rilevanza a tale fine la sede dell’organismo erogatore.

Peraltro, le successive novità legislative che hanno direttamente interessato l’art. 67, comma 1, lett. m) del TUIR, ne hanno meglio precisato le attività e i soggetti cui è applicabile la disciplina in esame, ma non hanno riguardato l’aspetto della determinazione dell’imponibile, oggetto di questa nota.

Quanto precede vale nel presupposto che l’attività svolta sia effettivamente riconducibile all’articolo 67, comma 1, lett. m), e non sia riscontrabile l’esistenza di un rapporto di lavoro dipendente o autonomo, nel qual ultimo caso si applicherebbero le diverse regole previste per le rispettive categorie reddituali.

giovedì 10 aprile 2014

INAIL: STRESS LAVORO-CORRELATO, EDIZIONE 2014-2015 DELLA CAMPAGNA “AMBIENTI DI LAVORO SANI E SICURI”

In data 7 aprile 2014 ha preso il via ufficialmente la nuova campagna promossa dall’Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro (Eu-Osha) “Ambienti di lavoro sani e sicuri”, che nel biennio 2014-2015 sarà incentrata sulla gestione dello stress e dei rischi psicosociali sul lavoro.
Lo stress lavoro–correlato è all’origine di oltre la metà delle assenze per malattia. L’obiettivo è la promozione in tutti i Paesi europei di una maggiore conoscenza di questi fenomeni, che possono avere ricadute negative sulla salute dei lavoratori e sul benessere delle aziende. In Europa lo stress è la seconda causa più frequente dei problemi di salute lavoro-correlati e si stima che sia, insieme ad altri rischi psicosociali, il motivo all’origine di più della metà dei giorni di assenza per malattia.
I lavoratori avvertono stress quando le esigenze lavorative sono superiori alla loro capacità di farvi fronte. Lo stress lavoro-correlato è un problema a livello di organizzazione e non una colpa individuale. È una delle conseguenze più importanti derivanti da un ambiente di lavoro carente dal punto di vista psicosociale.
I rischi psicosociali sono gli effetti negativi in termini psicologici, fisici e sociali derivanti da una progettazione, un'organizzazione e una gestione non adeguate sul lavoro.

Le seguenti condizioni lavorative possono causare rischi psicosociali:

·         lavoro eccessivamente impegnativo e/o tempo a disposizione non sufficiente per portare a termine le mansioni;
·         richieste contrastanti;
·         ruolo del lavoratore non definito con chiarezza;
·         comunicazione inefficace;
·         cambiamento mal gestito a livello di organizzazione.

I rischi psicosociali si originano altresì da un contesto sociale inadeguato sul lavoro, come per esempio:

·         mancanza di supporto da parte della dirigenza e dei colleghi;
·         scarse relazioni interpersonali;
·         molestie, aggressioni e violenza;
·         difficoltà a conciliare impegni lavorativi e impegni privati.

I rischi psicosociali non devono essere confusi con un ambiente di lavoro sano che, pur essendo impegnativo, sostiene e stimola i lavoratori, incoraggiandone al massimo lo sviluppo e le prestazioni.

Adottando il giusto approccio, è però possibile prevenire e gestire con efficacia i rischi psicosociali e lo stress lavoro-correlato, a prescindere dalle caratteristiche o dalle dimensioni dell'impresa, e affrontarli con la stessa logica e sistematicità riservate ad altre questioni di salute e sicurezza sul lavoro.
Gestire lo stress non è solo un imperativo morale per i datori di lavoro, ma anche un dovere giuridico stabilito dalla direttiva quadro 89/391/CEE e ribadito dagli accordi quadro tra le parti sociali sullo stress lavoro-correlato e sulle molestie e la violenza sul luogo di lavoro.


Sebbene spetti ai datori di lavoro la responsabilità giuridica di garantire la corretta valutazione e il controllo dei rischi sul lavoro, è indispensabile coinvolgere anche i lavoratori. La loro partecipazione può assicurare l'adeguatezza e l'efficacia delle misure adottate.

venerdì 4 aprile 2014

ATTIVITÀ DI ESTETISTA: POSSIBILITÀ DI AFFIDARE LA DIREZIONE TECNICA DELL’IMPRESA IN ASSOCIAZIONE IN PARTECIPAZIONE

Il Ministero dello Sviluppo Economico, con il parere n. 53305 del 1 aprile 2014, ha espresso il proprio consenso all’associazione in partecipazione della direzione tecnica dell’attività di estetista.
Il rapporto tra il titolare dell’impresa e il direttore tecnico deve essere provato con la redazione per iscritto del contratto di associazione in partecipazione, da cui risulti il numero di ore e/o il compenso per la prestazione dell’associato.

Infatti, il Ministero osserva che l’articolo 3, comma 01, recentemente introdotto dal D.Lgs. n. 147/ 2012, della legge 1 del 1990, espressamente prevede che “Per ogni sede dell'impresa dove viene esercitata l'attività di estetista deve essere designato, nella persona del titolare, di un socio partecipante al lavoro, di un familiare coadiuvante o di un dipendente dell'impresa, almeno un responsabile tecnico in possesso della qualificazione professionale. Il responsabile tecnico garantisce la propria presenza durante lo svolgimento delle attività di estetica. Il responsabile tecnico è iscritto nel repertorio delle notizie economico amministrative (REA) contestualmente alla trasmissione della segnalazione certificata di inizio di attività”.

La formulazione non differisce da quelle relative ad altre attività imprenditoriali soggette a regolamentazione quali l’attività di installazione di impianti, di autofficina…
Per dette attività il Ministero si espresse con Circolare 3600/C affermando la possibilità di consentire ad un soggetto associato in partecipazione, dotato dei requisiti tecnici, acclarati tramite SCIA, di assolvere al criterio dell’immedesimazione al fine di abilitare l’impresa.
Considerata l’affinità tra l’attività di estetista e quelle contemplate nella circolare richiamata, soprattutto in riferimento alle modalità di scelta del responsabile tecnico, diverso dal titolare, si ritiene di dare risposta positiva al quesito, precisando però quanto segue.
Come precisato nella Circolare 3597/C di questo Ministero, affinché possa essere provato il rapporto di immedesimazione si richiama la necessità della redazione per iscritto del relativo contratto, da cui risulti il numero di ore e/o il compenso minimo per la prestazione dell’associato.
Quanto precede per stabilire se l’associato sia immedesimato nell’impresa come un lavoratore dipendente o un socio prestatore d’opera, oppure se tale relazione non sussista, ricorrendo le figure del consulente o del professionista esterno (escluse tassativamente dalla legge).
Va evidenziato, al riguardo, che il ricorso a tale figura è funzionale alla dimostrazione dell’esistenza di determinati requisiti, necessari per l’esercizio dell’impresa, altrimenti non posseduti dall’imprenditore. Grava, pertanto, su di lui l’onere di provarne la ricorrenza di fronte agli enti (SUAP, camere di commercio, commissioni provinciali per l'artigianato) preposti al loro accertamento, tipicamente mediante la redazione per iscritto del contratto in esame.


Appare d’altra parte opportuno che l’acquisizione di copia del contratto sia affiancata dall’acquisizione di una dichiarazione resa da entrambi i soggetti (associante e associato) in ordine alla tipologia dell’apporto fornito dal secondo ed alla riconducibilità del medesimo a quel tipo di rapporto oggettivo e biunivoco che caratterizza l’immedesimazione.