Il Consiglio dei Ministri ha
diffuso la versione definitiva del decreto che disciplina il c.d. contratto a
tutele crescenti, introducendo un’importante novità non inclusa nella
precedente versione del decreto: l’applicazione delle nuove tutele anche in caso
di conversione, successiva all’entrata in vigore del presente decreto, di
contratto a tempo determinato o di apprendistato in contratto a tempo
indeterminato.

Di seguito analizziamo gli
aspetti maggiormente significativi:
CAMPO DI APPLICAZIONE: la
disciplina si applica ai lavoratori che rivestono la qualifica di operai,
impiegati o quadri, assunti con contratto di lavoro subordinato a tempo
indeterminato a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto, anche
nei casi di conversione, successiva di contratto a tempo determinato o di
apprendistato in contratto a tempo indeterminato.
Il decreto è applicabile anche
al datore di lavoro che, in conseguenza di assunzioni a tempo indeterminato
avvenute successivamente all’entrata in vigore del presente decreto, integri il
requisito occupazionale di cui all’articolo 18 c. 8 e 9 della L. n. 300/1970, in
caso di licenziamento di lavoratori anche se assunti precedentemente l’entrata
in vigore del decreto;
LICENZIAMENTO DISCRIMINATORIO,
NULLO E INTIMATO IN FORMA ORALE: il giudice ordina al datore di lavoro la
reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro, indipendentemente dal motivo
formalmente addotto. Il regime di cui al presente articolo si applica anche al
licenziamento dichiarato inefficace perché intimato in forma orale.
Con la medesima pronuncia, il
giudice condanna il datore di lavoro al risarcimento del danno subito dal
lavoratore per il licenziamento di cui sia stata accertata la nullità e
l’inefficacia, in ogni caso in misura non inferiore a 5 mensilità dell’ultima
retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto. Il
datore di lavoro è condannato, altresì, per il medesimo periodo, al versamento
dei contributi previdenziali e assistenziali.
Fermo restando il diritto al
risarcimento del danno, al lavoratore è data la facoltà di chiedere al datore
di lavoro, in sostituzione della reintegrazione nel posto di lavoro, un'indennità
pari a 15 mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento
di fine rapporto, la cui richiesta determina la risoluzione del rapporto di
lavoro, e che non è assoggettata a contribuzione previdenziale.
LICENZIAMENTO PER GIUSTIFICATO
MOTIVO E GIUSTA CAUSA: nei casi in cui risulta accertato che non ricorrono gli
estremi del licenziamento per giustificato motivo oggettivo o per giustificato
motivo soggettivo o giusta causa, il giudice dichiara estinto il rapporto di
lavoro alla data del licenziamento e condanna il datore di lavoro al pagamento
di un'indennità non assoggettata a contribuzione previdenziale di importo pari
a 2 mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento
di fine rapporto per ogni anno di servizio, in misura comunque non inferiore a 4
e non superiore a 24 mensilità.
Nelle ipotesi di licenziamento
per giustificato motivo soggettivo o per giusta causa in cui sia direttamente
dimostrata in giudizio l'insussistenza del fatto materiale contestato al
lavoratore, rispetto alla quale resta estranea ogni valutazione circa la
sproporzione del licenziamento, il giudice annulla il licenziamento e condanna
il datore di lavoro alla reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro e al
pagamento di un'indennità risarcitoria non superiore a 12 mensilità dell'ultima
retribuzione di riferimento per il calcolo del
trattamento di fine rapporto.
Il datore di lavoro è condannato, altresì, al versamento dei contributi previdenziali
e assistenziali dal giorno del licenziamento fino a quello dell’effettiva
reintegrazione, senza applicazione di sanzioni per omissione contributiva.
VIZI FORMALI E PROCEDURALI: nell’ipotesi
in cui il licenziamento sia intimato con violazione del requisito di
motivazione o della procedura, il giudice dichiara estinto il rapporto di
lavoro alla data del licenziamento e condanna il datore di lavoro al pagamento
di un’indennità non assoggettata a contribuzione previdenziale di importo pari
a una mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del
trattamento di fine rapporto per ogni anno di servizio, in misura comunque non
inferiore a 2 e non superiore a 12 mensilità, a meno che il giudice, sulla base
della domanda del lavoratore, accerti la sussistenza dei presupposti per l’applicazione
delle tutele altre tutele previste dal decreto.
OFFERTA DI CONCILIAZIONE: in
caso di licenziamento, al fine di evitare il giudizio e ferma restando la
possibilità per le parti di addivenire a ogni altra modalità di conciliazione
prevista dalla legge, il datore di lavoro può offrire al lavoratore un importo
che non costituisce reddito imponibile ai fini dell’imposta sul reddito delle
persone fisiche e non è assoggettata a contribuzione previdenziale, di ammontare
pari a una mensilità della retribuzione di riferimento per il calcolo del
trattamento di fine rapporto per ogni anno di servizio, in misura comunque non
inferiore a 2 e non superiore a 18 mensilità, mediante consegna al lavoratore
di un assegno circolare. L’accettazione dell’assegno in tale sede da parte del
lavoratore comporta l’estinzione del rapporto alla data del licenziamento e la
rinuncia alla impugnazione del licenziamento anche qualora il lavoratore
l’abbia già proposta. Le eventuali ulteriori somme pattuite nella stessa sede
conciliativa a chiusura di ogni altra pendenza derivante dal rapporto di lavoro
sono soggette al regime fiscale ordinario.
In questo caso la comunicazione
obbligatoria telematica di cessazione del rapporto è integrata da una ulteriore
comunicazione, da effettuarsi da parte del datore di lavoro entro 65 giorni
dalla cessazione del rapporto, nella quale deve essere indicata l’avvenuta
ovvero la non avvenuta conciliazione e la cui omissione è assoggettata alla medesima
sanzione prevista per l’omissione della comunicazione obbligatoria di
cessazione. Il modello di trasmissione della comunicazione obbligatoria sarà
conseguentemente riformulato.
COMPUTO DELL’ANZIANITÀ NEGLI
APPALTI: ai fini del calcolo delle indennità e dell’importo l’anzianità di
servizio del lavoratore che passa alle dipendenze dell’impresa subentrante nell’appalto
si computa tenendosi conto di tutto il periodo durante il quale il lavoratore è
stato impiegato nell’attività appaltata.
COMPUTO E MISURA DELLE
INDENNITÀ PER FRAZIONI DI ANNO: per le
frazioni di anno d’anzianità di servizio, le indennità sono riproporzionate e
le frazioni di mese uguali o superiori a quindici giorni si computano come mese
intero.
PICCOLE IMPRESE E
ORGANIZZAZIONI DI TENDENZA: qualora il datore di lavoro non raggiunga i
requisiti dimensionali di cui all’articolo 18 c. 8 e 9 L. n. 300/1970, non si
applicano le nuove regole in materia di licenziamento
per giustificato motivo soggettivo o per giusta causa in cui sia direttamente
dimostrata in giudizio l'insussistenza del fatto materiale contestato al
lavoratore e l'ammontare delle indennità è dimezzato e non può in ogni caso
superare il limite di 6 mensilità.
Ai datori di lavoro non imprenditori,
che svolgono senza fine di lucro attività di natura politica, sindacale,
culturale, di istruzione ovvero di religione o di culto, si applica la
disciplina di cui al presente decreto.