Normalmente è il requisito del soddisfacimento di un interesse in capo al distaccante/datore di lavoro che costituisce l’aspetto più soggetto a contestazioni da parte degli organi ispettivi ed è a proposito di tale parametro che si genera un onere delle prova in capo al medesimo soggetto.
È contemplato ogni interesse di tipo produttivo in capo al distaccante, purché questo non consista nella mera somministrazione di lavoro o in un interesse esclusivamente di tipo economico; inoltre l’interesse deve perdurare per tutta la durata del distacco in quanto il suo venir meno per l'avvenuto soddisfacimento dello scopo o il suo cessare, determina l'immediata carenza di un requisito sostanziale e ne comporta l'illegittimità qualora si prolunghi oltre.
In deroga a quanto sopra esposto, si rammenta che l'interesse al puro e semplice risparmio del costo del lavoro (mediante rimborso a carico del distaccatario) è ammesso nelle sole aziende in crisi, con l’intento di evitare il licenziamento dei dipendenti e previo accordo sindacale.
Pertanto, mentre da un lato è ammesso il rimborso di quanto speso dal datore di lavoro per la prestazione resa dal dipendente in favore del distaccatario, è invece assolutamente vietato farsi rimborsare dal distaccatario più di quanto effettivamente speso per la prestazione del distaccato, poiché questo identificherebbe una sorta di “remunerazione per l’attività di somministrazione di manodopera”, pratica vietata e penalmente sanzionata se non svolta professionalmente da soggetti muniti di autorizzazione ministeriale.
Inoltre è
opportuno ricordare che l’art. 3 c. 6 del D.Lgs. n. 81/2008, in materia di
distacco, prevede che restino a carico del distaccatario tutti gli obblighi di
prevenzione e protezione, salvo quello di formare ed informare il lavoratore sui
rischi tipici generalmente connessi allo svolgimento delle mansioni per le
quali questi è distaccato, obbligo che viene posto in capo al datore di lavoro
distaccante.
L’art. 7 c. 2 del
D.L. n. 76/2013 convertito in L. n. 99/2013, ha novellato la disciplina del
distacco, introducendo il comma 4 ter dell’art. 30 del D.Lgs. n. 276/2003 il
quale va a disciplinare l’istituto del distacco tra imprese che abbiamo
sottoscritto un contratto di rete di impresa che abbia validità ai sensi del D.L.
n. 5/2009 convertito, con modificazioni, in L. n. 33/2009.
Con tale
intervento il Legislatore ha inteso configurare “automaticamente” l’interesse
del distaccante al distacco qualora ciò avvenga nell’ambito, appunto, di un
contratto di rete fatte salve le norme in materia di mobilità dei lavoratori
previste dall’articolo 2103 del codice civile.
Ne consegue che,
ai fini della verifica dei presupposti di legittimità del distacco, il
personale ispettivo si limiterà a verificare l’esistenza di un contratto di
rete tra distaccante e distaccatario: si tratta quindi di una verifica di tipo
“documentale” e non “sostanziale” che non ricercherà l’effettiva sussistenza
dell’interesse, il quale sorge automaticamente in virtù di una presunzione
normativa di legittimità.
La disposizione
inoltre consente “la codatorialità dei dipendenti ingaggiati con regole
stabilite attraverso il contratto di rete stesso”; ciò vuole pertanto
significare che, in relazione a tale personale, il potere direttivo potrà
essere esercitato da ciascun imprenditore che partecipa al contratto di rete.
Sul piano di
eventuali responsabilità penali, civili e amministrative e quindi sul piano
della sanzionabilità di potenziali illeciti, occorrerà rifarsi ai contenuti del
contratto di rete, senza pertanto configurare “automaticamente” una solidarietà
tra tutti i partecipanti al contratto.
Secondo
un’interpretazione letterale della norma, la codatorialità consente di gestire
contrattualmente gli obblighi dei diversi datori di lavoro coinvolti in una
rete di impresa, includendo la materia delle sicurezza e igiene sul lavoro e gli
obblighi giuridici penalmente sanzionati che ne derivano, in analogia peraltro
con quanto definito da un’altra disposizione di legge, quella che disciplina la
delega di funzioni.
Il distacco funge
dunque da strumento per l’attuazione della codatorialità, ammettendo che i
dipendenti di ogni impresa all’interno della rete siano di fatto utilizzabili
dalle altre e che, di conseguenza, il lavoratore sia sottoposto alla direzione
e alla responsabilità del datore di lavoro che lo utilizza.
Tuttavia, la
giurisprudenza sembra percorrere una strada diversa; infatti, in virtù di una
recente sentenza della Corte di Cassazione n. 31300/13, sembra confermata la
previsione per cui al datore di lavoro distaccatario spettino soltanto compiti
organizzativi della prestazione, mentre per quelli di natura strutturale nulla
pare cambiato rispetto all’impianto giurisprudenziale antecedente al Testo
Unico in materia si igiene e sicurezza sui luoghi di lavoro, pertanto il
distaccante sarà chiamato a rispondere di eventuali infortuni causati da
condizioni di lavoro prive di garanzia per via del fatto di aver dato corso al
distacco nonostante la sussistenza di condizioni di pericolo.
Qualora fosse
confermata l’interpretazione estensiva e letterale della norma, il distacco
costituirebbe un valido strumento di flessibilità all’interno del quadro
tracciato con il contratto di rete d’impresa; è però necessario attendere
un’evoluzione della normativa, la quale deve essere adeguata alla portata
notevolmente potenziata dell’istituto.
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