venerdì 13 dicembre 2013

DISTACCO E CONTRATTO DI RETE D’IMPRESA

La disciplina del distacco è contenuta nell’art. 30 del D.Lgs. n. 276/2003, il quale ne definisce anche le condizioni di legittimità che si sostanziano nell’interesse del datore di lavoro distaccante, nella temporaneità intesa non come predeterminazione della durata ma come sua “non definitività” e, ovviamente, nell’esecuzione di una determinata prestazione lavorativa.
Normalmente è il requisito del soddisfacimento di un interesse in capo al distaccante/datore di lavoro che costituisce l’aspetto più soggetto a contestazioni da parte degli organi ispettivi ed è a proposito di tale parametro che si genera un onere delle prova in capo al medesimo soggetto. 
È contemplato ogni interesse di tipo produttivo in capo al distaccante, purché questo non consista nella mera somministrazione di lavoro o in un interesse esclusivamente di tipo economico; inoltre l’interesse deve perdurare per tutta la durata del distacco in quanto il suo venir meno per l'avvenuto soddisfacimento dello scopo o il suo cessare, determina l'immediata carenza di un requisito sostanziale e ne comporta l'illegittimità qualora si prolunghi oltre.
In deroga a quanto sopra esposto, si rammenta che l'interesse al puro e semplice risparmio del costo del lavoro (mediante rimborso a carico del distaccatario) è ammesso nelle sole aziende in crisi, con l’intento di evitare il licenziamento dei dipendenti e previo accordo sindacale.
Pertanto, mentre da un lato è ammesso il rimborso di quanto speso dal datore di lavoro per la prestazione resa dal dipendente in favore del distaccatario, è invece assolutamente vietato farsi rimborsare dal distaccatario più di quanto effettivamente speso per la prestazione del distaccato, poiché questo identificherebbe una sorta di “remunerazione per l’attività di somministrazione di manodopera”, pratica vietata e penalmente sanzionata se non svolta professionalmente da soggetti muniti di autorizzazione ministeriale.

Inoltre è opportuno ricordare che l’art. 3 c. 6 del D.Lgs. n. 81/2008, in materia di distacco, prevede che restino a carico del distaccatario tutti gli obblighi di prevenzione e protezione, salvo quello di formare ed informare il lavoratore sui rischi tipici generalmente connessi allo svolgimento delle mansioni per le quali questi è distaccato, obbligo che viene posto in capo al datore di lavoro distaccante.
L’art. 7 c. 2 del D.L. n. 76/2013 convertito in L. n. 99/2013, ha novellato la disciplina del distacco, introducendo il comma 4 ter dell’art. 30 del D.Lgs. n. 276/2003 il quale va a disciplinare l’istituto del distacco tra imprese che abbiamo sottoscritto un contratto di rete di impresa che abbia validità ai sensi del D.L. n. 5/2009 convertito, con modificazioni, in L. n. 33/2009.
Con tale intervento il Legislatore ha inteso configurare “automaticamente” l’interesse del distaccante al distacco qualora ciò avvenga nell’ambito, appunto, di un contratto di rete fatte salve le norme in materia di mobilità dei lavoratori previste dall’articolo 2103 del codice civile.
Ne consegue che, ai fini della verifica dei presupposti di legittimità del distacco, il personale ispettivo si limiterà a verificare l’esistenza di un contratto di rete tra distaccante e distaccatario: si tratta quindi di una verifica di tipo “documentale” e non “sostanziale” che non ricercherà l’effettiva sussistenza dell’interesse, il quale sorge automaticamente in virtù di una presunzione normativa di legittimità.
La disposizione inoltre consente “la codatorialità dei dipendenti ingaggiati con regole stabilite attraverso il contratto di rete stesso”; ciò vuole pertanto significare che, in relazione a tale personale, il potere direttivo potrà essere esercitato da ciascun imprenditore che partecipa al contratto di rete.
Sul piano di eventuali responsabilità penali, civili e amministrative e quindi sul piano della sanzionabilità di potenziali illeciti, occorrerà rifarsi ai contenuti del contratto di rete, senza pertanto configurare “automaticamente” una solidarietà tra tutti i partecipanti al contratto.
Secondo un’interpretazione letterale della norma, la codatorialità consente di gestire contrattualmente gli obblighi dei diversi datori di lavoro coinvolti in una rete di impresa, includendo la materia delle sicurezza e igiene sul lavoro e gli obblighi giuridici penalmente sanzionati che ne derivano, in analogia peraltro con quanto definito da un’altra disposizione di legge, quella che disciplina la delega di funzioni.
Il distacco funge dunque da strumento per l’attuazione della codatorialità, ammettendo che i dipendenti di ogni impresa all’interno della rete siano di fatto utilizzabili dalle altre e che, di conseguenza, il lavoratore sia sottoposto alla direzione e alla responsabilità del datore di lavoro che lo utilizza.
Tuttavia, la giurisprudenza sembra percorrere una strada diversa; infatti, in virtù di una recente sentenza della Corte di Cassazione n. 31300/13, sembra confermata la previsione per cui al datore di lavoro distaccatario spettino soltanto compiti organizzativi della prestazione, mentre per quelli di natura strutturale nulla pare cambiato rispetto all’impianto giurisprudenziale antecedente al Testo Unico in materia si igiene e sicurezza sui luoghi di lavoro, pertanto il distaccante sarà chiamato a rispondere di eventuali infortuni causati da condizioni di lavoro prive di garanzia per via del fatto di aver dato corso al distacco nonostante la sussistenza di condizioni di pericolo.
Qualora fosse confermata l’interpretazione estensiva e letterale della norma, il distacco costituirebbe un valido strumento di flessibilità all’interno del quadro tracciato con il contratto di rete d’impresa; è però necessario attendere un’evoluzione della normativa, la quale deve essere adeguata alla portata notevolmente potenziata dell’istituto.

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