giovedì 5 dicembre 2013

IL TFR DESTINATO ALLA PREVIDENZA COMPLEMENTARE – PORTABILITA’ E RISCATTO RENDONO REVERSIBILE LA SCELTA

Come noto, a norma dell’art. 8 del D.Lgs. n. 252/2005, il finanziamento delle forme pensionistiche complementari può essere attuato attraverso il versamento di contributi a carico del lavoratore, del datore di lavoro e attraverso il conferimento del Tfr maturando.

Dal 1 gennaio 2007 è prevista la possibilità di contribuire ai fondi pensione conferendo unicamente il Tfr maturando a partire da tale data: si può considerare senz’altro un’opportunità per chi è ancora lontano dal traguardo della pensione, in quanto si tratta di un percorso di avvicinamento ad un trattamento prossimo all’ultimo stipendio percepito, dato che la pensione Inps, a seguito dell’adozione del sistema contributivo o misto, conferirà una copertura inferiore rispetto a quella di cui potranno beneficiare i lavoratori più anziani che rientrano nell’alveo di applicazione del sistema retributivo.

La scelta operata a favore di un determinato fondo non è totalmente irreversibile in quanto la legge garantisce l’applicabilità di alcuni meccanismi che permettono un certo grado di flessibilità nella gestione del rapporto tra lavoratore aderente e fondo di previdenza complementare.
 
Innanzitutto, è possibile usufruire della cosiddetta “portabilità”, sancita dall’art. 14 c. 6 del D.Lgs. n. 252/2005, la quale comporta la facoltà di trasferire la posizione individuale da un fondo all’altro decorsi due anni di partecipazione ad una forma pensionistica complementare, nonché in deroga a tale limite temporale se il lavoratore cambia settore di attività.
 
In entrambi i casi il trasferimento dovrà avvenire entro sei mesi dalla richiesta e non potrà comportare oneri a carico del lavoratore, le quali costituirebbero delle clausole limitative alla portabilità dell’intera posizione individuale.
 
 
Il sopracitato articolo, inoltre, fissa il principio base secondo il quale gli statuti e i regolamenti delle forme pensionistiche complementari stabiliscono le modalità di esercizio relative alla partecipazione alle forme medesime e alla portabilità delle posizioni individuali, nonché al riscatto parziale o totale delle posizioni individuali, ferme restando le casistiche previste dalla legge.
 
In particolare, l’art. 14 c. 2 e 3 del D.Lgs. n. 252/2005 prescrive che ove vengano meno i requisiti di partecipazione alla forma pensionistica complementare gli statuti e i regolamenti stabiliscono:
-      il trasferimento ad altra forma pensionistica complementare alla quale il lavoratore acceda in relazione alla nuova attività;
-      il riscatto parziale, nella misura del 50 per cento della posizione individuale maturata, nei casi di cessazione dell'attività lavorativa che comporti l'inoccupazione per un periodo di tempo compreso tra 12 e 48 mesi, ovvero in caso di ricorso da parte del datore di lavoro a procedure di mobilità, cassa integrazione guadagni ordinaria o straordinaria;
-      il riscatto totale della posizione individuale maturata per i casi di invalidità permanente che comporti la riduzione della capacità di lavoro a meno di un terzo e a seguito di cessazione dell'attività lavorativa che comporti l'inoccupazione per un periodo di tempo superiore a 48 mesi. Tale facoltà non può essere esercitata nel quinquennio precedente la maturazione dei requisiti di accesso alle prestazioni pensionistiche complementari; in questi casi si applicano le previsioni di cui al comma 4 dell'articolo 11;
-      in caso di morte dell'aderente l'intera posizione individuale maturata è riscattata dagli eredi ovvero dai diversi beneficiari dallo stesso designati.
 
L’art. 8 c. 7 del D.Lgs. 252/2005 fisserebbe il principio di irrevocabilità della destinazione del Tfr alla previdenza complementare, in quanto non sarebbe più possibile revocare tale scelta né in costanza di rapporto né in futuro in caso di cambio di attività lavorativa: si tratta di un principio da cui traspare la volontà di introdurre degli automatismi volti a spingere sulla diffusione della previdenza complementare.

Tuttavia, il principio di irrevocabilità della scelta, se apparentemente non ammette eccezioni, in pratica può essere violato attraverso un meccanismo che snatura la qualificazione previdenziale degli accantonamenti operati e passa attraverso gli statuti e i regolamenti dei fondi, all’interno dei quali gli stessi risultano liberi di stabilire cause di riscatto aggiuntive rispetto a quelle tipizzate dalla legge.

Ad oggi, infatti, come confermato nella deliberazione della Covip del 21 marzo 2007, in quasi tutti i regolamenti dei fondi sono annoverate tra le cause di riscatto totale il licenziamento e/o le dimissioni; in questo modo il Tfr non viene a perdere la sua natura di retribuzione differita, potendovi accedere per le stesse motivazioni per le quali, normalmente, se ne dispone quando il Tfr rimane in azienda con il vantaggio di una regime fiscale estremamente conveniente.

Concludendo, quindi, il principio di irrevocabilità della scelta subisce un’eccezione proprio in ordine al riscatto della posizione previdenziale individuale ai sensi dell’art. 14 del D.Lgs. n. 252/2005 poiché, da questo momento, incomincia nuovamente a decorrere il periodo transitorio di sei mesi entro i quali il lavoratore potrà operare la scelta sulla destinazione del Tfr derivante dal nuovo rapporto di lavoro.

 

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