La nozione fiscale di reddito di lavoro
dipendente è rinvenibile dal combinato disposto:
·
dell'articolo
51 del TUIR, cioè le somme e i valori in genere, a qualunque titolo percepiti
nel periodo d'imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione
al rapporto di lavoro;
·
dell’art.
6 c. 2 del TUIR, tenendo conto che costituiscono redditi di lavoro dipendente
anche le somme conseguite in sostituzione di tali redditi anche per effetto di
cessione dei relativi crediti e le indennità conseguite, anche in forma
assicurativa, a titolo di risarcimento di danni consistenti nella perdita di
redditi, esclusi quelli dipendenti da invalidità permanente o da morte,
costituiscono redditi della stessa categoria di quelli sostituiti o perduti;
·
art.17
c.1, lett. a) del TUIR: l’imposta si applica separatamente sulle somme e i
valori comunque percepiti, al netto delle spese legali sostenute, anche se a
titolo risarcitorio o nel contesto di procedure esecutive, a seguito di
provvedimenti dell’autorità giudiziaria o di transazioni relativi alla
risoluzione del rapporto di lavoro.
Alla luce delle suddette disposizioni
normative, deve essere valutata la rilevanza fiscale dei risarcimenti disposti
dal giudice in contenziosi in cui è parte in causa il dipendente e nell'ipotesi
in cui a quest'ultimo venga riconosciuto un risarcimento.
Con particolare riguardo
all’applicazione dell’ultimo articolo citato, salvo alcune isolate sentenze che
avevano considerato imponibili le somme risarcitorie facendo leva sul tenore letterale,
il quale prevede che tra le somme soggette a tassazione separata sono
ricomprese anche le erogazioni a titolo risarcitorio, si era ritenuto, anche in
virtù di quanto indicato dalla Corte Costituzionale nell’ordinanza 19 luglio
2005, n.292, che tale norma fosse indicativa della modalità di tassazione
(separata) e non della natura imponibile, essendo quest’ultima sancita non dall’art.17,
ma dall’art.6 c.2 del Tuir.
Dunque è possibile affermare che
costituisce reddito il risarcimento che deriva da un danno da lucro cessante ossia
il provento che sostituisce il reddito di lavoro (il mancato guadagno che fa
riferimento ad una situazione futura e facendo riferimento alla ricchezza che
il creditore non ha conseguito in seguito alla mancata, inesatta o ritardata
prestazione del debitore), mentre non rileva ai fini fiscali il risarcimento
del danno emergente (la perdita subita dal patrimonio del creditore a causa
della mancata, inesatta o ritardata prestazione del debitore). Dunque non
rilevano le entrate conseguite come mera reintegrazione patrimoniale nelle
quali manca il presupposto materiale del reddito, ossia l’incremento di
ricchezza.
Il trattamento fiscale del risarcimento
dipenderà, pertanto, dal titolo riconosciuto alla somma liquidata con la
sentenza ed è necessario sottolineare che, spesso, la linea di demarcazione tra
le due fattispecie si presenta precaria e le pronunce della giurisprudenza non
sono del tutto univoche.
Perciò, il risarcimento costituisce
reddito imponibile se e nei limiti in cui abbia la funzione di reintegrare un
danno che consiste nella mancata percezione di redditi (cosiddetto principio
sostitutivo); non è invece, tassabile ogni risarcimento inteso a riparare un
pregiudizio di natura diversa da quella reddituale.
Inoltre, la Cassazione ha precisato che
in caso di transazione in cui resti ferma la cessazione del rapporto di lavoro,
esista una presunzione relativa della natura reddituale delle somme liquidate
al dipendente poiché gli deve essere attribuita la natura di ristoro della
perdita delle retribuzioni che la prosecuzione del rapporto avrebbe implicato.
Si tratta, tuttavia, di una presunzione relativa che può essere superata nel
caso in cui si adduca e risulti una diversa causale del relativo esborso. La
prova della natura risarcitoria di danno emergente da attribuire alla somma
costituisce frutto dell'interpretazione data dal giudice di merito ad un atto
negoziale sulla base degli elementi acquisiti al processo.
In aggiunta è stato definito un concetto
“residuale” del risarcimento che non costituisce reddito per il dipendente,
stabilendo dei criteri per accertare la natura non reddituale delle somme
liquidate; infatti, secondo le indicazioni fornite dalla Suprema Corte, si
ritiene che al fine di poter negare l'assoggettabilità ad Irpef di
un'erogazione economica effettuata a favore del lavoratore da parte del datore
di lavoro, è necessario:
1) accertare che l'erogazione non trovi
la sua causa nel rapporto di lavoro, e, se ciò non viene positivamente escluso,
2) accertare che l'erogazione, in base
all'interpretazione della concreta volontà manifestata dalle parti, non trovi
la fonte della sua obbligatorietà in: redditi sostituiti o risarcimento di
danni consistenti nella perdita di redditi futuri, cioè successivi alla
cessazione od all'interruzione del rapporto di lavoro.
Qualora dall'applicazione dei suddetti
criteri non emerga la natura reddituale del risarcimento, lo stesso sarà
considerato conseguito in ristoro di un danno patrimoniale che, in quanto tale,
non costituisce reddito per il dipendente.
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