venerdì 14 febbraio 2014

IL RISARCIMENTO DANNI NEL RAPPORTO DI LAVORO DIPENDENTE: IL TRATTAMENTO TRIBUTARIO

La nozione fiscale di reddito di lavoro dipendente è rinvenibile dal combinato disposto:

·         dell'articolo 51 del TUIR, cioè le somme e i valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo d'imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro;
·         dell’art. 6 c. 2 del TUIR, tenendo conto che costituiscono redditi di lavoro dipendente anche le somme conseguite in sostituzione di tali redditi anche per effetto di cessione dei relativi crediti e le indennità conseguite, anche in forma assicurativa, a titolo di risarcimento di danni consistenti nella perdita di redditi, esclusi quelli dipendenti da invalidità permanente o da morte, costituiscono redditi della stessa categoria di quelli sostituiti o perduti;
·         art.17 c.1, lett. a) del TUIR: l’imposta si applica separatamente sulle somme e i valori comunque percepiti, al netto delle spese legali sostenute, anche se a titolo risarcitorio o nel contesto di procedure esecutive, a seguito di provvedimenti dell’autorità giudiziaria o di transazioni relativi alla risoluzione del rapporto di lavoro.

Alla luce delle suddette disposizioni normative, deve essere valutata la rilevanza fiscale dei risarcimenti disposti dal giudice in contenziosi in cui è parte in causa il dipendente e nell'ipotesi in cui a quest'ultimo venga riconosciuto un risarcimento.
Con particolare riguardo all’applicazione dell’ultimo articolo citato, salvo alcune isolate sentenze che avevano considerato imponibili le somme risarcitorie facendo leva sul tenore letterale, il quale prevede che tra le somme soggette a tassazione separata sono ricomprese anche le erogazioni a titolo risarcitorio, si era ritenuto, anche in virtù di quanto indicato dalla Corte Costituzionale nell’ordinanza 19 luglio 2005, n.292, che tale norma fosse indicativa della modalità di tassazione (separata) e non della natura imponibile, essendo quest’ultima sancita non dall’art.17, ma dall’art.6 c.2 del Tuir.

Dunque è possibile affermare che costituisce reddito il risarcimento che deriva da un danno da lucro cessante ossia il provento che sostituisce il reddito di lavoro (il mancato guadagno che fa riferimento ad una situazione futura e facendo riferimento alla ricchezza che il creditore non ha conseguito in seguito alla mancata, inesatta o ritardata prestazione del debitore), mentre non rileva ai fini fiscali il risarcimento del danno emergente (la perdita subita dal patrimonio del creditore a causa della mancata, inesatta o ritardata prestazione del debitore). Dunque non rilevano le entrate conseguite come mera reintegrazione patrimoniale nelle quali manca il presupposto materiale del reddito, ossia l’incremento di ricchezza.
Il trattamento fiscale del risarcimento dipenderà, pertanto, dal titolo riconosciuto alla somma liquidata con la sentenza ed è necessario sottolineare che, spesso, la linea di demarcazione tra le due fattispecie si presenta precaria e le pronunce della giurisprudenza non sono del tutto univoche.

Perciò, il risarcimento costituisce reddito imponibile se e nei limiti in cui abbia la funzione di reintegrare un danno che consiste nella mancata percezione di redditi (cosiddetto principio sostitutivo); non è invece, tassabile ogni risarcimento inteso a riparare un pregiudizio di natura diversa da quella reddituale.
Inoltre, la Cassazione ha precisato che in caso di transazione in cui resti ferma la cessazione del rapporto di lavoro, esista una presunzione relativa della natura reddituale delle somme liquidate al dipendente poiché gli deve essere attribuita la natura di ristoro della perdita delle retribuzioni che la prosecuzione del rapporto avrebbe implicato. Si tratta, tuttavia, di una presunzione relativa che può essere superata nel caso in cui si adduca e risulti una diversa causale del relativo esborso. La prova della natura risarcitoria di danno emergente da attribuire alla somma costituisce frutto dell'interpretazione data dal giudice di merito ad un atto negoziale sulla base degli elementi acquisiti al processo.

In aggiunta è stato definito un concetto “residuale” del risarcimento che non costituisce reddito per il dipendente, stabilendo dei criteri per accertare la natura non reddituale delle somme liquidate; infatti, secondo le indicazioni fornite dalla Suprema Corte, si ritiene che al fine di poter negare l'assoggettabilità ad Irpef di un'erogazione economica effettuata a favore del lavoratore da parte del datore di lavoro, è necessario:
1) accertare che l'erogazione non trovi la sua causa nel rapporto di lavoro, e, se ciò non viene positivamente escluso,
2) accertare che l'erogazione, in base all'interpretazione della concreta volontà manifestata dalle parti, non trovi la fonte della sua obbligatorietà in: redditi sostituiti o risarcimento di danni consistenti nella perdita di redditi futuri, cioè successivi alla cessazione od all'interruzione del rapporto di lavoro.

Qualora dall'applicazione dei suddetti criteri non emerga la natura reddituale del risarcimento, lo stesso sarà considerato conseguito in ristoro di un danno patrimoniale che, in quanto tale, non costituisce reddito per il dipendente. 

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