venerdì 7 febbraio 2014

OMESSO VERSAMENTO DELLE RITENUTE PREVIDENZIALI E STATO DI DIFFICOLTÀ AZIENDALE

La terza sezione penale della Corte di Cassazione, con sentenza n. 3705 del 28 gennaio 2014, ha affermato che la situazione di insolvenza nella quale versa l’azienda non è sufficiente a liberare dalla responsabilità penale l’amministratore dell’impresa che ha omesso di versare le ritenute previdenziali sulle retribuzioni corrisposte ai dipendenti.
Nel caso di specie, la Suprema Corte ha osservato che il sopravvenuto fallimento non è sufficiente a giustificare il precedente omesso versamento, in quanto il datore di lavoro deve ripartire le risorse esistenti nel momento della corresponsione dei salari in maniera tale da poter onorare i propri obblighi, pur se ciò potrebbe comportare l’impossibilità di pagare “in toto” le retribuzioni.
Si tratta di una sentenza in controtendenza rispetto all’orientamento tenuto da alcuni Tribunali in materia di omessi versamenti tributari e contributivi a causa di difficoltà economiche, i quali ritenendo escluso l’elemento soggettivo del reato considerando che nel periodo in contestazione la società versava in gravi difficoltà finanziarie, poi culminate nel fallimento intervenuto successivamente al mancato versamento.

Sulla base della costante giurisprudenza di legittimità, confermata anche nel caso in commento, il reato di omesso versamento delle ritenute è caratterizzato da dolo generico ed integrato dalla consapevole scelta di omettere i versamenti dovuti, non rilevando il fatto che l’agente tenuto al versamento attraversi una fase di criticità e destini risorse finanziarie per fare fronte a debiti ritenuti più urgenti.
Inoltre, il reato è configurabile anche nel caso in cui si accerti l’esistenza del successivo stato di insolvenza dell’imprenditore, in quanto è suo onere ripartire le risorse esistenti al momento di corrispondere le retribuzioni ai lavoratori dipendenti in modo da poter adempiere all’obbligo del versamento delle ritenute, anche se ciò possa riflettersi sull’integrale pagamento delle retribuzioni medesime .

È bene ricordare che la legge affida al datore di lavoro, in quanto debitore delle retribuzioni nei confronti dei prestatori di lavoro dipendenti, il compito di detrarre dalle stesse l’importo delle ritenute assistenziali e previdenziali dovute e di corrisponderlo agli Enti, in qualità di sostituto d’imposta.
In questa fase, il sostituto adempie contemporaneamente a un obbligo proprio e a un obbligo altrui.
La conclusione che se ne trae è che lo stato di insolvenza non libera il sostituto, dovendo questi adempiere al proprio obbligo di corrispondere le ritenute, così come adempie a quello di pagare le retribuzioni di cui le ritenute stesse sono parte; l’imprenditore, in presenza di una situazione economica difficile, non può addurre a propria discolpa l’assenza dell’elemento psicologico del reato, ricorrendo in ogni caso il dolo generico.

In sostanza vengono ribaditi i caratteri di contestualità e di indefettibilità dell’obbligazione di versamento rispetto al pagamento della retribuzione, mancando ogni presupposto per invocare l’impossibilità di adempiere all’obbligazione, in quanto, la punibilità della condotta consta proprio nel mancato accantonamento delle somme dovute all’Istituto, derivandone che non può ipotizzarsi l’impossibilità di versamento per fatti sopravvenuti, come possono essere una situazione di illiquidità della società rappresentata.

A seguito di quanto sopra esposto, è bene ricordare che il  mancato versamento dei contributi dovuti, entro i termini stabiliti per legge, prevede per il datore di lavoro/committente un sistema sanzionatorio consistente nell'addebito di somme aggiuntive - che maturano in relazione al ritardo nel versamento - la cui misura percentuale, in rapporto al capitale non versato, cambia in relazione alla tipologia di omissione.
Oggi, il regime sanzionatorio in materia di inadempienze contributive è disciplinato dalla L. n. 388/2000 che fornisce un netto criterio distintivo tra omissione ed evasione contributiva:

·         Secondo l’art. 116 c. 8 lett. a), della L. n. 388/2000, per omissione contributiva si intende il mancato o ritardato pagamento dei contributi il cui ammontare è rilevabile dalle denunce e/o registrazioni obbligatorie;
·         costituisce invece evasione contributiva quella connessa a registrazioni non effettuate o a denunce obbligatorie omesse o non conformi al vero. Tale ipotesi si verifica quando “il datore di lavoro, con l' intenzione specifica di non versare i contributi o premi, occulta rapporti di lavoro in essere ovvero le retribuzioni erogate” (art. 116 c. 8 lett. b) L. n. 388/2000.

La medesima norma, con l’obiettivo di favorire l’eliminazione del lavoro irregolare, ha rideterminatole sanzioni, a carico di chi non provvede, entro il termine stabilito, al pagamento di contributi o premi previdenziali ed assistenziali o vi provvede in misura inferiore a quella dovuta:
·         nel caso di omissioni contributive il datore di lavoro è tenuto al pagamento di una sanzione civile, in ragione d’anno, pari al tasso di interesse sulle operazioni di rifinanziamento principali dell’Eurosistema (ex tasso ufficiale di riferimento) maggiorato di 5,5 punti fino ad un massimo del 40% dell’importo dei contributi dovuti e non versati alle scadenze di legge (sanzione civile pari, ad oggi, al 5,75% in ragione d’anno = tasso di interesse dello 0,25% maggiorato di 5,5 punti);
·         nel caso di evasione contributiva il datore di lavoro è tenuto al pagamento di una sanzione civile pari, in ragione d’anno, al 30% il cui ammontare non può essere, in ogni caso, superiore al 60% dell’importo della stessa contribuzione non versata entro la scadenza di legge.

Tuttavia, se il datore di lavoro denuncia spontaneamente la situazione debitoria prima di contestazioni o richieste da parte dell'ente impositore e, comunque, non oltre i 12 mesi dalla scadenza del debito contributivo, provvedendo a versare quanto dovuto entro i 30 giorni successivi a quello della denuncia spontanea, la sanzione civile sarà la medesima di quella prevista nel caso di omissione.


Infine, nell’ipotesi in cui si verifichino delle inadempienze contributive derivanti da oggettive incertezze connesse a contrastanti orientamenti giurisprudenziali o amministrativi sulla ricorrenza dell'obbligo contributivo, successivamente riconosciuto in sede giudiziale o amministrativa, sempreché il pagamento sia effettuato entro i termini fissati dall’ente impositore, la sanzione civile è pari al tasso di interesse sulle operazioni di rifinanziamento principali dell’Eurosistema maggiorato di 5,5 punti percentuali fino a un massimo del 40% dei contributi non corrisposti alla scadenza (sanzione civile pari, ad oggi, al 5,75% , in ragione d’anno = tasso dello 0,25% maggiorato di 5,5 punti).

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