sabato 8 marzo 2014

IL TIROCINIO IN AMBITO SPORTIVO

Le Linee guida varate dalla Conferenza Permanente Stato-Regioni del 24 gennaio 13 non assorbono tutte le forme di tirocinio esistenti nel nostro ordinamento e, in diversi settori, come quello sportivo, le forme di tirocinio “atipiche” sono di gran lunga più utilizzate rispetto a quelle finalizzate alla formazione e all’orientamento.

Il tirocinio, inteso quale momento di acquisizione di competenze e conoscenze del mondo del lavoro, ha trovato una regolamentazione organica dapprima con l’art. 18 della L. n. 196/1997 e successivamente, come accennato, l’emanazione ad opera della Conferenza Permanente Stato-Regioni delle Linee guida in materia alle quali le Regioni, nell’esercizio del loro potere legislativo, sono tenute ad uniformarsi.
In osservanza alle suddette linee guida, tutte le normative locali hanno recepito il principio secondo cui il tirocinio non costituisce una forma di lavoro, bensì una metodologia formativa o, in alternativa, uno strumento di politica attiva finalizzato all’orientamento, all’occupabilità e all’inserimento/reinserimento nel mercato del lavoro.
Inoltre, è stata confermata la distinzione tra tirocini curriculari e non curriculari.

Proiettando quanto sopra descritto al mondo dello sport, si osserva uno scarso utilizzo dei tirocini extra curriculari nel settore in commento.
La nuova disciplina dei tirocini s’inserisce all’interno di un sistema regionale delle qualifiche che non è sempre in grado di aderire perfettamente al mondo dello sport.
Infatti, bisogna considerare che le Linee guida sopra citate richiedono un progetto formativo indicante “ove possibile, le figure professionali di riferimento del Repertorio nazionale di cui all’art. 4 c. 67 L. n.92/2012” e che “nelle more della definizione del Repertorio nazionale si fa riferimento ai Repertori regionali, ove definiti dalla Regione ”.
Di conseguenza se si prende a riferimento, il sistema regionale delle qualifiche, si rileva una lacuna nel riconoscimento dei profili professionali tipici del mondo dello sport, come ad esempio quelli propri degli allenatori, istruttori, preparatori atletici, addetti ai campi e maestri.

Tuttavia è anche opportuno considerare che l’oggetto del percorso formativo non è il conseguimento di una determinata qualifica professionale, ma solo l’acquisizione di competenze e conoscenze di una certa figura professionale, quindi potrebbe essere ritenuto sufficiente che il tirocinante, oltre a quelle relative alla qualifica di natura sportiva, venga adibito ad attività che gli consentano di acquisire delle competenze proprie di una delle qualifiche previste dal sistema regionale e che in qualche modo siano coerenti con il percorso formativo complessivo.
Infatti, la circostanza che si possa prescindere dall’indicazione di una delle qualifiche del Repertorio, parrebbe suffragata dall’inciso “ove possibile”, stante ad indicare la non esaustività dello stesso nella classificazione delle varie figure professionali.
Per lo stesso motivo, non sussistono particolari preclusioni per quei profili professionali incentrati su competenze amministrativo/gestionali, dove si rileva una completa copertura da parte dei vari Repertori regionali.

Un’altra criticità è costituita dall’assenza di un sistema di certificazione delle competenze (sia a livello regionale che nazionale) la quale provoca una perdita di attrattiva nei confronti di tale istituto.
Tale circostanza, cui si aggiunge una sintomatica autoreferenzialità all’interno del mondo dello sport, ha fatto sì che le forme di tirocinio più comuni nel settore siano:

• l’alternanza scuola/lavoro (tirocini curriculari), promossi, in favore degli studenti, dalle varie facoltà universitarie di scienze motorie o dai licei con indirizzo sportivo;
• finalizzati al completamento di corsi abilitativi per la pratica di determinate discipline sportive (ad esempio corsi per istruttori di determinate discipline che, organizzati dalle singole federazioni, si concludano con un tirocinio presso vari enti di promozione sportiva).

Con riferimento a queste ultime tipologie di tirocinio è opportuno considerare che sebbene fuoriescano dall’applicazione delle Linee guida e dalle singole normative regionali, è bene che anche tali forme contengano i requisiti fondamentali per essere considerati tali, soprattutto in ordine alla convenzione quadro tra il soggetto promotore e quello ospitante nonché la nomina di un tutor che segua il percorso formativo del tirocinante.
Ancor più rilevante è il rispetto della convenzione che regola il rapporto.
Si rileva che spesso i regolamenti che disciplinano i corsi abilitanti prevedono che il tirocinante svolga un'attività di mero osservatore e non di parte attiva nell’erogazione dei servizi che l’associazione/società sportiva deve garantire ai propri soci e clienti, da cui deriva la mancata integrazione del tirocinante in chiave nell’organico, nel ciclo produttivo dell’associazione/società sportiva ospitante.
È poi fondamentale sottolineare che tali rapporti debbano inevitabilmente essere improntati alla gratuità della prestazione resa dal tirocinante anche se un minimo rimborso può essere ritenuto compatibile (è necessario ricordare che la funzione economico/sociale di questi contratti esclude la causa di scambio tipica dei rapporti ex art.2094 c.c.).

Il rispetto delle citate condizioni potrebbe rivelarsi determinante ai fini della qualificazione del rapporto, in particolar modo se si considera che in tali fattispecie non opera la presunzione di estraneità al lavoro subordinato come per i tirocini extra curriculari.

Infine è opportuno ricordare come anche per queste tipologie di tirocinio valgono le regole prevenzionistiche di cui al D.Lgs. n. 81/2008.

Nessun commento:

Posta un commento