La Direzione Generale per
l’Attività Ispettiva del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali,
con interpello n. 16 del 26 giugno 2014,
ha risposto ad un quesito in merito alla corretta interpretazione della
disciplina di cui all’art. 69 bis del D.Lgs. n. 276/2003, concernente le
prestazioni di lavoro autonomo espletate dai soggetti titolari di partita IVA.

Si ricorda che al fine di
contrastare l’utilizzo “distorto” dello strumento delle c.d. partite IVA,
l’art. 69 bis del D.Lgs. n. 276/2003 disciplina una presunzione di
parasubordinazione in virtù della quale è possibile ricondurre le prestazioni
di lavoro autonomo ex art. 2222 c.c. nell’ambito della diversa forma di natura autonoma
della collaborazione coordinata e continuativa a progetto di cui agli artt. 61
e ss. del citato Decreto.
Come chiarito da questo
Ministero con circ. n. 32/2012, la predetta presunzione trova applicazione in
presenza di determinate condizioni di legge, salvo prova contraria da parte del
committente. La stessa presunzione risulta invece esclusa, ex art. 69 bis,
comma 2, nelle ipotesi in cui la prestazione implichi competenze teoriche di
grado elevato ovvero capacità tecnico-pratiche, acquisite attraverso rilevanti
esperienze e sia svolta da soggetto titolare di un reddito annuo da lavoro
autonomo non inferiore a 1,25 volte il livello minimo imponibile ai fini del
versamento dei contributi previdenziali.
La presunzione non opera,
inoltre, ai sensi del comma 3 del medesimo articolo, in relazione “alle
prestazioni lavorative svolte nell’esercizio di attività professionali per le
quali l’ordinamento richiede l’iscrizione ad un ordine professionale, ovvero ad
appositi registri, albi, ruoli o elenchi professionali qualificati e detta
specifici requisiti e condizioni”.
Con Decreto del 20 dicembre
2012 questo Ministero ha provveduto ad effettuare una “ricognizione” delle
suddette attività, individuando i seguenti criteri di ordine generale:
- “gli ordini o collegi
professionali, i registri, gli albi, i ruoli e gli elenchi professionali (…)
sono esclusivamente quelli tenuti o controllati da una amministrazione pubblica
di cui all’art. 1, comma 2, del D.lgs. n. 165/2001 nonché da federazione
sportive”;
- “l’iscrizione è subordinata
al superamento di un esame di stato o comunque alla necessaria valutazione, da
parte di specifico organo, dei presupposti legittimanti lo svolgimento delle
attività”.
Ai fini della soluzione del
quesito, occorre dunque verificare se i due requisiti sopra richiamati siano
riscontrabili con riferimento alla figura professionale in esame.
Dalla lettura dell’art. 2 del
Decreto del Ministero della Sanità del 14 settembre 1994, n. 741, si evince che
“il diploma universitario di fisioterapista abilita all’esercizio della
professione”. Lo stesso viene, infatti, rilasciato a seguito del completamento
del corso di studi e del superamento di un esame finale che involge la
valutazione di una specifica commissione costituita presso l’Università. Il possesso
di tale diploma – conseguito ai sensi dell’art. 6, comma 3, del D.Lgs. n.
502/1992 o di diploma o attestato equipollente ovvero titolo riconosciuto ai
sensi della normativa statale vigente – costituisce, inoltre, requisito
indispensabile ai fini dell’iscrizione negli elenchi professionali dei
fisioterapisti, laddove istituiti con legge regionale.
Alla luce delle osservazioni
svolte, si ritiene pertanto che l’attività svolta dai fisioterapisti possa
essere ricompresa nell’ambito delle prestazioni professionali di cui all’art.
69 bis, comma 3, con la conseguente esclusione dall’applicazione della
presunzione, solo nella misura in cui gli stessi risultino in possesso del
diploma abilitante, nonché iscritti in appositi elenchi professionali, tenuti e
controllati da parte di una amministrazione pubblica, ai sensi dell’ art. 1,
comma 2, del D.Lgs. n. 165/2001.
A prescindere dall’operatività
o meno della presunzione, resta fermo che laddove siano riscontrabili gli
usuali indici di subordinazione, la prestazione di lavoro autonomo dei
fisioterapisti potrà essere “direttamente” ricondotta ad un rapporto di lavoro
subordinato a tempo indeterminato.