La Corte di Cassazione, con la
sentenza n. 22542 del 23 ottobre 2014 ha precisato che l’onere di provare
l’avvenuta estromissione orale dal posto di lavoro grava sul lavoratore.
Secondo la giurisprudenza
della stessa Corte, infatti, "qualora il lavoratore deduca di essere stato
licenziato oralmente e faccia valere in giudizio l’inefficacia o l’invalidità
di tale licenziamento, mentre il datore di lavoro deduca la sussistenza di dimissioni
del lavoratore, il materiale probatorio deve essere raccolto tenendo conto che,
nel quadro della normativa limitativa dei licenziamenti, la prova gravante sul
lavoratore è limitata alla sua estromissione dal rapporto, mentre la controdeduzione
del datore di lavoro assume la valenza di un'eccezione in senso stretto, il cui
onere probatorio ricade sull'eccipiente (lavoratore) ai sensi dell'art. 2697,
secondo comma del codice civile" pone a carico del lavoratore l'onere
della dimostrazione della sua estromissione.
Quindi, la Suprema Corte,
nell'affermare che vi è solo la prova dell'allontanamento volontario della lavoratrice
ricorrente, ritiene che difetta la prova della estromissione, né la
dimostrazione di tale circostanza può essere deducibile, contrariamente a
quanto affermato dalla ricorrente, dalla mancata presentazione della società
alla convocazione per il tentativo di conciliazione avanti alla DPL e dalla
messa a disposizione, in tale sede, delle energie lavorative della stessa.
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